“QUIET QUITTER”: I LAVORATORI CHE DANNO IL MINIMO INDISPENSABILE


L'unico modo di fare un ottimo lavoro è amare quello che fai. Se non hai ancora trovato ciò che fa per te, continua a cercare, non fermarti, come capita per le faccende di cuore, saprai di averlo trovato non appena ce l'avrai davanti. E, come le grandi storie d'amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni. Quindi continua a cercare finché non lo troverai. Non accontentarti. Sii affamato. Sii folle.Steve Jobs

Iniziamo il nostro articolo con una delle frasi più celebri di Steve Jobs, un'espressione che mette in evidenza quanto sia importante lavorare con tanta passione e la giusta determinazione per arrivare al successo e sentirsi appagati/e per ciò che si fa. Una prospettiva non più condivisa come un tempo?

Cos'è il Quiet Qutting e perché può essere negativo per le aziende?

Partiamo dal presupposto che il benessere, la performance, e la voglia di mettersi in mostra facendo più del dovuto, sono dei concetti molto distanti dai “Quiet Quitter” perché, proprio per definizione, i Quiet Quitter sono coloro che in azienda ci sono ma fanno il minimo indispensabile per sopravvivere senza sgomitare per farsi notare dal capo, senza straordinari, né festivi. Sono quasi degli automi che eseguono un compito senza sforzo o troppo impegno. Il loro unico obiettivo è raggiungere l’obiettivo senza stress e avere lo stipendio. Non pensano alla carriera, non auspicano a ruoli di grandi responsabilità, stanno bene dove si trovano.

I Quiet Quitter non si conformano ai ritmi di un ambiente lavorativo troppo pressante o che pone obiettivi troppo stringenti, tendono a non dare più di quanto sono pagati.

In pratica fare il minimo indispensabile richiesto dal proprio mansionario e per cui si è effettivamente pagati, senza cedere ai sensi di colpa e/o al “ricatto morale” più o meno esplicito in un certo tipo di ambienti per cui se non si soddisfano richieste sempre maggiori (come ad esempio accettando straordinari, mail/telefonate in orari fuori dal lavoro – per la maggior parte delle volte non retribuiti) si è etichettati come lavoratori a basso valore aggiunto. Un sistema tossico che porta spesso al Burnout, al sovraccarico e al licenziamento.

Il Report State of the global workplace 2022 di Gallup ha messo in evidenza come in Europa solo il 14% dei dipendenti è davvero coinvolto nella propria attività lavorativa. Ad oggi solo il 21% dei lavoratori si sente davvero coinvolto, e solo il 33% si sente appagato in termini di benessere a prova di una stragrande maggioranza che prova mancanza di fiducia nel proprio posto di lavoro e nel futuro in termini di carriera. Un fenomeno che sta colpendo soprattutto i più giovani.

Il Quiet Quitting potrebbe essere frutto della passata pandemia che ha visto come primo obiettivo il mantenimento del proprio benessere personale a scapito di quello professionale; ciononostante può voler dire anche “lavorare al minimo indispensabile” e in questo caso le aziende si dovrebbero interrogare sul perché le persone sono così poco coinvolte.

Non sarà magari perché il modello del leader accentratore, della mancanza di fiducia, delega continua e focus solo sul mercato, piuttosto che pensare a come valorizzare le proprie persone stiano ormai sul viale del tramonto?

Bisogna tener conto che il mondo del lavoro sta cambiando e con esso anche le persone che lo compongono.