LEGGE DI PARKINSON: LA STRATEGIA CHE AIUTA A GESTIRE IL TEMPO

Il lavoro, soprattutto negli ultimi anni, richiede sempre più spesso capacità di autorganizzazione senza rischiare - di fronte agli imprevisti - di rimanere in stagnazione o sviluppare stress da affanno o accumulo di attività da portare a termine.

La capacità di gestire il proprio tempo è un’arte e chi meglio di Cyril Northcote Parkinson ce lo può dire? Nel suo saggio del 1958 sostiene che il lavoro tende a dilatarsi in base al tempo che abbiamo a disposizione e dunque, amministrarlo al meglio delle nostre possibilità, fa si che le task lavorative siano ben distribuite, cadenzate e organizzate.


Cosa può determinare una mal gestione del tempo? 

  • Da un lato portare lavoratori e lavoratrici a sottostimare l’entità delle cose da fare. Un errore determinato dal tempo oggettivo (le ore della giornata) che può trarre in inganno perché se le ore non sono ben gestite, volano in fretta
  • E dall’altro portare le persone ad eccedere eccessivamente cercando la perfezione in ogni cosa. Errore determinato dal tempo soggettivo (come lo percepiamo noi) inducendo - nei casi estremi - anche al fenomeno del workaholism.

La gestione efficace del tempo è fondamentale soprattutto oggi con la diffusione del lavoro ibrido (Leggi qui!). Quindi come possiamo gestire bene il nostro tempo?

Vediamo insieme tre efficaci strategie che possono aiutarci:

  1. "GOVERNARE" LA TECNOLOGIA
    La tecnologia nel mondo del lavoro è arrivata negli anni 90 agevolando l’esecuzione di specifiche attività, ora però sta incidendo negativamente sulla gestione del tempo. Ad esempio, non è necessario controllare la mail di lavoro ogni ora perché può portare a bassa concentrazione e sovraccarico. L'ideale sarebbe abituarsi ad avere, nell'arco della giornata, dalle 2 alle 4 fasi di controllo della mail, e una di risposta. Idem per l'utilizzo del cellulare di lavoro, sarebbe opportuno usarlo nelle ore di lavoro evitando, anche qui, inutili sovraccarichi. Se diamo troppo spazio alla tecnologia, quasi sicuramente influenzerà negativamente il nostro tempo (lavorativo e privato).

  2. STUDIARE BENE LE ATTIVITA’
    Ogni attività deve essere accuratamente dettagliata per comprenderne le risorse materiali e temporali. Sapere quanto tempo e sforzo richiedono aiuta a: 1) amministrare al meglio il tempo che ci dedichiamo; 2) evitare di procrastinare; 3) evitare di sottovalutare le ripercussioni di ciò che non facciamo; 4) evitare di fare le cose in modo superficiale; 5) non perdere tempo; e 6) amministrare al meglio risorse e tempo. Insomma, ci aiuta a non dilatare il tempo e avere sotto controllo ogni aspetto delle attività da portare a termine.

  3. CAPIRE LE CARATTERISTICHE PERSONALI
    È bene conoscere le proprie competenze tecniche per l’espletamento delle attività lavorative, ma anche e soprattutto quelle personali. Perché? Perché ciò aiuta a capire come meglio organizzare le attività da svolgere, se ad esempio, capiamo che la mattina siamo più attivi rispetto alla sera (o viceversa) la suddivisione delle task potrà seguire questa distinzione pianificando quelle più complesse nel momento in cui siamo più attivi. Questa strategia aiuta ad avere un buon focus sulle task e sul tempo che ognuna di esse richiede.

Per concludere cerchiamo di rispondere a queste importanti domande:

  • Cosa facciamo? In genere tendiamo a occupare tutto il tempo disponibile, soprattutto se abbiamo un certo grado di passione per le attività che svolgiamo. Ma il rischio è di eccedere, continuando a perfezionare via via il lavoro svolto senza mai esserne soddisfatti/e al 100%. Questo atteggiamento può generare sia senso di inefficacia che una cattiva gestione del tempo.
  • Cosa dovremo fare? Avere maggiore autocontrollo e smettere di accogliere carichi eccessivi di lavoro evitando di perdere tempo e risorse. Se siamo i primi noi ad organizzarci in modo formale mettendo i giusti paletti, anche le altre persone tenderanno a rispettare il nostro tempo.
  • Cosa dobbiamo capire? Che essere consapevoli del modo in cui ci organizziamo produce effetti sui risultati che otteniamo e che, imparare a dire qualche no, potrebbe essere la chiave di volta.